domenica 30 marzo 2014

I Mormoni




“Mike stava distribuendo i suoi volantini a tutti i presenti.

Amanda ne scorse uno con lo sguardo.

 <È  un mormone,Bart. È venuto per convertirci>.”

 

Il Mormonismo è nato agli inizi dell'Ottocento negli Stati Uniti. Il soprannome di mormoni dato ai suoi sostenitori deriva dal Libro di Mormon, da essi riconosciuto come un altro testo sacro assieme alla Bibbia.

I mormoni considerano la loro fede una religione di ispirazione cristiana, riconoscono in Gesù Cristo l’unico vero capo della loro Chiesa.

 

La Chiesa fu fondata da Joseph Smith(1805-1844) il 6 aprile 1830 a Fayette nello stato di New York con altre 5 persone che in un mese diventarono quaranta. Il nucleo di Mormoni creato si spostò poi a Kirtland, Ohio, dove in un periodo di sei anni superò il migliaio.

Questa chiesa moderna (il cui nome potrebbe essere tradotto anche come La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi Moderni) poggia la propria dottrina nella rivelazione continua. Da questa derivano i libri Sacri che insieme alla Bibbia formano l'insieme dei testi canonici.

 

Il giovane Smith dichiarò nel 1820 di aver visto Dio e il figlio Gesù Cristo, per poi avere un'altra visione di un angelo il cui nome era Mormoni, che gli disse che nessuna delle religioni era vera e che la verità di Dio era scritta nel Libro di Mormon nato da due tavole d’oro. In seguito venne in possesso di queste tavole d'oro, scritte in una lingua sconosciuta che però grazie al potere di Dio riuscì a tradurre.

Il libro venne stampato nel 1830 al quale in seguito se ne aggiunsero altri e venne subito criticato dalle altre religioni dell’epoca. Lo scritto parla della storia di alcune famiglie emigrate dall'Asia ai tempi della Torre di Babele e successivamente al tempo di Sedekia (ca. 600 AC).

 

La liturgia della Chiesa è semplice e la stessa terminologia utilizzata ne vuole accentuare il carattere quasi laico. Il centro della liturgia è la Riunione Sacramentale e si compone essenzialmente di canti,preghiere e la parte rituale del sacramento dove si ricorda il sacrificio di Gesù Cristo a favore di ogni uomo.

Solo le preghiere della benedizione del pane e dell'acqua (al posto del vino) hanno una formula fissa che deve essere rispettata parola per parola.

Un rito molto diffuso è il digiuno di un’intera giornata (24 ore), molto spesso la prima Domenica di ogni mese.

Ragazzi o ragazze lasciano per 2 anni le famiglie, la scuola, il lavoro e ogni loro interesse per andare in un paese straniero a condividere con gli altri la loro fede e far conoscere la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. 

Tutto viene fatto volontariamente e per fede così i missionari, sia loro che le loro famiglie provvedono a metter da parte i soldi fin dalla giovane età per poterli mandare nel mondo a fare opera di proselitismo. Se hanno dei contatti procurati dai membri della Chiesa,vanno a visitarli, altrimenti cercano di far conoscere la Chiesa andando di casa in casa, cosa che comunque non fanno sovente come i Testimoni di Geova, o più semplicemente cercano il contatto diretto con le persone nella strada, negli autobus o fanno delle piccole mostre stradali con cartelloni.



Kimberly Luciotti

I tumori infantili



Saint-Antoine. Mauvoisin. Leucemia. Mancavano ancora “coraggio”, 
“volontà” e “buona fortuna” per completare il tutto. Siméon aspettava 
dall’altra parte, sorridente. Bart avrebbe avuto voglia di gridargli:
 “Hai la leucemia, cara mio! Sei fottuto!


I tumori sono masse di tessuto abnormali che crescono in eccesso e scoordinatamente rispetto ai tessuti normali. I tumori maligni, se non curati immediatamente, possono formare delle cellule, cosiddette cancerose, che “mangiano” le cellule buone del corpo. I tumori che colpiscono in età pediatrica sono raramente diagnosticati, e i più diffusi sono:

La leucemia. colpisce le cellule del midollo osseo, che produce i linfociti;
I linfomi, cioè tumori che colpiscono i linfonodi, dove hanno origine le nostre risposte immunitarie;
tumori del sistema nervoso centrale, che attaccano il cervello e il midollo spinale; rappresentano la seconda forma di cancro più frequente nei paesi sviluppati.

Secondo uno studio, il bambino già dall’età di 3/4 anni riesce a comprendere ciò che accade intorno a se, di cogliere la gravità della sua malattia e, soprattutto, di sentire la preoccupazione dei genitori. Naturalmente la comunicazione della malattia cambia a seconda dell’età, del sesso e della  storia personale. Il modo migliore per informare il bambino/ragazzo della sua malattia non è attraverso una spiegazione scientifica, ma è consigliato spiegarlo attraverso degli esempi o agganciarsi a delle favole che il bambino già conosce.
Il rapporto tra i genitori e il bambino non deve essere chiuso e bisogna continuare, anche se con piccole diversità, a vivere la vita quotidiana.
Molto spesso il bambino di 5/6 anni tende a esprimere le sue emozioni attraverso disegni e sarebbe importante per i genitori coglierne i significati.
Quando il dolore fisico attacca il bambino, quest’ultimo tende a non riconoscere più il suo corpo,  gli sembra lontano e tende a chiudersi in se stesso, arrabbiandosi con i genitori perché non si sente protetto; i genitori, in questo caso, non devono far altro che chiedere al proprio figlio cosa gli è difficile affrontare della cura e che emozioni prova.
Per rendere un po’ più piacevole la degenza del bambino in ospedale, è stata fondata un metodo di volontariato chiamata Clownterapia.
La Clownterapia, o terapia del sorriso, è un supporto psicopedagogico che si pone, come strumento importante, a disposizione dei medici nell’assistenza e cura dei piccoli pazienti, consentendogli di superare serenamente l’impatto con la realtà ospedaliera e la malattia. Ridere, infatti, ha un effetto terapeutico in grado di rendere più rapido il percorso di guarigione con giochi, scherzi e magie. I clown dottori accompagnano il bambino nel suo ricovero con il semplice ma difficile compito di regalargli un sorriso.
In qualsiasi caso, per cercare di vivere la malattia in modo più sereno possibile, bisogna pensare positivo, uscire, stare in contatto con gli altri e non aspettare che la malattia ti distrugga, perché pensare di combatterla può aiutare il processo di guarigione.


Benedetta Garbin 

giovedì 27 marzo 2014

Il genere dell’improvvisazione: il jazz!


“Parlava guardando la strada davanti a sé. Gli faceva piacere evocare quell’uomo misterioso su un sottofondo di musica jazz.”

Il jazz è un genere musicale nato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento negli Stati Uniti d’America per opera di musicisti di colore. Le sue origini risalgono alla scoperta del “Nuovo Mondo”, quando milioni di africani venivano portati alle coste americane, in seguito alla corposa richiesta di manodopera per la coltivazione delle piantagioni di tabacco, cotone e canna da zucchero.
Durante il lavoro nei campi, gli schiavi intonavano i cosiddetti “work songs”: dei canti tramandati oralmente ispirati alla religione cristiana (questo genere di preghiere erano l’unica cosa che riusciva a dar loro speranza, data la misera condizione in cui si trovavano). Venivano permessi dai proprietari terrieri poiché, oltre ad alleviare loro la fatica, sincronizzavano il movimento delle braccia rendendo più produttivo il lavoro. Fra questi ci sono gli “spirituals”, ossia testi di argomento sacro ed i “gospel”, tratti dalle sacre scritture.
Con l’abolizione della schiavitù nel 1865, gli afroamericani, vennero cacciati dalle piantagioni e costretti a vagare per le campagne e le città alla ricerca di lavoro.
Questa loro triste condizione di vita veniva raccontata attraverso canti definiti “blues”.
Conclusasi la guerra civile americana, molte bande militari che si erano formate, si sciolsero e gli strumenti abbandonati dai soldati vennero quindi comprati a basso prezzo dai neri.
Questi cominciarono ad utilizzarli per accompagnare le loro canzoni e di conseguenza, sul finire dell’Ottocento, nei locali di alcune città di New Orleans iniziarono a vedersi le prime Jazz bands.
Queste erano composte inizialmente da sette o otto strumenti: una o due cornette, un clarinetto, un trombone, un violino, una chitarra o un banjio, un basso o un contrabbasso ed una batteria.
Nel 1929 una crisi economica invase l’America e molti locali dovettero chiudere.
Allora, grandi musicisti (fra cui il cantante e trombettista Luis Armstrong) si trasferirono temporaneamente in Europa.
Lì, con la ripresa economica, tornò anche il desiderio di divertirsi e nei locali furono sempre più richieste musiche spensierate e ballabili.

Comincia così l’era dello “swing” che, però, già alla fine della Seconda guerra mondiale si avviò al tramonto. Il fatto che questo genere veniva utilizzato come musica da ballo, portò i musicisti a sentir tradite le antiche origini, svalutate da una musica dal contenuto superficiale. Per protesta, nacque (soprattutto nelle grandi città come New York) il “bebop”, un nuovo genere caratterizzato da ritmi più irregolari e sonorità meno orecchiabili. Fra i più grandi musicisti del tempo ricordo il trombettista John Birks detto “Dizzy” e il sassofonista Charlie Parker detto “Bird”. Intorno al 1960 il jazz visse un periodo di grande sperimentazione, conseguendo le nascita del “free jazz”, una “fusione” di stili fra rock e jazz, che in seguito venne anche definito “fusion”. Le formazioni si arricchirono, quindi, di nuovi strumenti elettrici come chitarra, basso elettrico, tastiere elettriche. Il jazz oggi mantiene viva una grande e solida tradizione e viene insegnato nei conservatori e nelle università. Non è più espressione e patrimonio solo dei grandi jazzisti afroamericani, ma di musicisti di ogni parte del mondo.

domenica 23 marzo 2014

La Violenza domestica



<Lui ha cercato di uccidermi> disse la giovane donna con il volto grondante di lacrime e di sangue. <Ma dobbiamo fare qualcosa, chiama la polizia> disse Siméon. <no, no, no> rifiutò Amanda terrorizzata.


La violenza domestica è il comportamento di una persona violenta e aggressiva verso uno o più membri all'interno di una coppia.

Può essere di vari tipi, come l'abuso sessuale, l' aggressione fisica o la violenza psicologica. Purtroppo ultimamente si sentono molte vicende legate a questo tipo di violenza, di padri che non sopportano la separazione dalle loro mogli e che quindi manifestano rabbia e disperazione con un gesto estremo di violenza verso le donne e addirittura verso i propri figli. Figli innocenti che sono le prime vittime di questi comportamenti anche se non direttamente e che traumatizzati da questi orrori si portano la paura fino a condizionarli una volta adulti. Spesso le donne sanno che il proprio uomo e' violento ma denunciarlo suscita paura di aggiungere quell'ultima goccia che farà traboccare il bicchiere e di conseguenza di scatenare tutta la rabbia e tutta la violenza che si possa immaginare.
Le immagini di violenza sulle donne riempiono ormai giornali e telegiornali e nonostante si cerchi di parlarne molto, le cose non migliorano, anzi sono sempre di più casi del genere.
Le cause di questo fenomeno possono essere diverse. Prima fra tutte i traumi subiti da bambini, problemi economici, perdita di lavoro, problemi psicologici, gelosia, assunzione di droghe.
Secondo me, sarebbe molto meglio se le donne potessero denunciare ogni tipo di violenza domestica senza paura di vendette o addirittura rischiare la vita.

Per questo si sono creati  movimenti a favore delle donne, proprio per impedire l'aumento di questi fatti e per dare protezione alle donne che hanno il coraggio di denunciare la violenza subita. Inoltre secondo me le pene che vengono inflitte a questi uomini violenti non sono adeguate alla gravità del fatto. Molto spesso sentiamo e leggiamo di uomini che dopo qualche mese di galera escono pronti ad usare di nuovo la violenza. Questo non è giusto perché così facendo non si riuscirà mai a debellare questa piaga della società.

Nik Romeo

giovedì 20 marzo 2014

Il cambiamento della puericultura, da ieri ad oggi


La parola puericultura deriva dal latino “puer” che significa fanciullo.
La puericultura la possiamo inserire nell’ambito della pediatria, poiché si occupa della cura e della crescita del bambino, per quanto riguarda lo sviluppo fisico e psichico. Si divide in due fasi quali: l’età prenatale, dove è la madre che si appresta a prendersi cura del neonato e la fase di crescita sino alla pubertà. Si è poi soliti distinguere fra puericultura pesante e leggera. Quella pesante comprende tutti quei prodotti necessari al trasporto e quelli che aiutano il bambino nel suo processo di crescita e quella leggera dove ci sono i prodotti da portare alla bocca (quali biberon, ciuccio ecc.) alimentari, sanitari e giocattoli.
Si è iniziato a parlare di puericultura nel 1500 circa. Solo però alla fine del XIX secolo la vita del bambino viene osservata con massima attenzione, questo allo scopo di finire con la mortalità e la morbilità del neonato e del lattante allora elevatissima. Il problema fondamentale maggiormente studiato a quell'epoca era l'alimentazione del bambino. Ora questa branca della medicina si è estesa ed approfondita e non è più solo dedita allo studio delle esigenze alimentari, ma comprende l'igiene e la prevenzione del bambino.

Oggi invece la progressiva industrializzazione della società ha comportato un cambiamento del ruolo della donna, rendendola sempre più attiva e presente nel mondo del lavoro, diffondendo un progressivo distacco madre figlio e incoraggiandolo sempre di più a essere indipendente. Ciò ha determinato la scomparsa dell’allattamento al seno favorendo il biberon.


Maddalena Sandri

venerdì 14 marzo 2014

Essere Snob: Origini nobili o atteggiamento altezzoso?


Barthélemy alzò la mano, come a scuola.
«Josiane è una snob. Non potrebbe mai a Deauville te e Morgane, con le vostre orecchie da Dumbo e il naso schiacciato».

Quanti conoscono realmente cosa significa questo termine? Sicuramente molti, ma saprebbero dire di sapere anche da dove nasce? Ci sono due interessanti ipotesi:
La prima non ha fondamento, ma è la più diffusa: si crede che derivi dalla formula latina S(ine) NOB(iliate), ovvero, «senza nobiltà».
La seconda si ritiene più probabile: si è presa in considerazione l’ipotesi che siccome “nobs” (abbreviazione di “filius nobilis”) si riferiva ai nobili, a coloro che si atteggiavano tali o li frequentavano senza esserlo, era stato attribuito il termine “quasi-nobs” che, con il tempo, si è trasformato in “snobs” fino ad arrivare al definitivo “snob” che conosciamo ora.
Qualunque sia la vera origine di questo termine, in Italia ancor più che nel resto d’Europa il suo significato di “altezzoso” è largamente diffuso per il suo senso negativo che va a  sottolineare un atteggiamento che ostenta modi raffinati ed aristocratici senza appartenervi. Tutto ciò nonostante l’uso colloquiale sia nato in Inghilterra e precisamente nei college di Cambridge e Oxford, per indicare quegli studenti di provenienza borghese che li frequentavano a fianco dei ragazzi delle famiglie aristocratiche.
Il significato primario del sostantivo “snob” nella lingua inglese in realtà è diverso a seconda che si tratti della lingua ‘del popolo’ o di quella maggiormente in uso tra gli studenti; infatti, nel primo caso indica  «ciabattino», mentre nel secondo si traduce con «una persona estranea all'ambiente». Successivamente il suo significato è stato esteso a «una persona non fine, non adeguata a un ambiente colto e raffinato» ed è proprio questa accezione a diffondersi in Europa.
In tempi recenti, pur mantenendo il senso di “altezzoso”, questo termine ha cominciato a godere di una considerazione tutta nuova; infatti alcune persone “ci tengono” ad essere snob poiché si sentono superiori alle altre per livello culturale o eventualmente per maggiori possibilità economiche, piuttosto che per appartenenza a qualche famiglia di nobili origini:

Le regole di convivenza di una società civilizzata prevedono necessariamente un certo grado di snobismo” (Cit. Logan Hanzberger – Gilmore’s girl di Amy Shermann Palladino).

Melania Gottardo

La gelosia


“Il problema è che Léo è iperpossessivo, del genere che diventa geloso anche del tuo maglione, se lo metti troppo spesso”. Siméon alzò gli occhi al soffitto, con un sospiro. Bart continuava a lisciare il colletto del fratello.

La gelosia è un sentimento che si prova per delle persone a cui si tiene molto. Non è una cosa negativa, è solo la paura di perdere colui o colei che si ama. La gelosia nasce quando ci si affeziona talmente tanto a quella determinata persona che si ha paura che prima o poi ti lasci, ma non per forza che chiuda il rapporto, ma che si possa allontanare da te. La gelosia più comune è quella che si sviluppa all’interno della coppia, che può essere semplice irritazione nel venire a sapere di rapporti, anche solo di amicizia, tra la persona amata e altre persone, fino ad arrivare a controllare ogni singola azione, o atteggiamento del partner. Fino a qui niente di male, fa parte dell’essere una coppia, fra l’altro un partner non geloso sembra quasi non interessato alla relazione. La gelosia, se dimostrata in modo non eccessivo, può essere una dimostrazione del sentimento di una persona verso l’altra. Purtroppo però alcuni individui, soprattutto uomini, credono che la loro ragazza sia di loro proprietà, ed arrivano a perseguitare le loro ‘vittime’ fino addirittura a fare loro del male, sia psicologicamente che fisicamente. Spesso si legge di donne rovinate dall’acido o anche private della loro vita. Questo capita perché  alcuni uomini non sopportano di essere lasciati perché hanno paura di restare soli o semplicemente perchè sono egoisti. Il più della volte cercano di far pagare il prezzo della rottura alla donna, senza prima fare un esame di coscienza. La maggior parte delle donne spaventate si rifiutano di sporgere denuncia  e continuano a vivere nell’ombra e nella sofferenza, addirittura pensando di essere in parte colpevoli. Tali atteggiamenti maschili probabilmente dipendono anche da delusioni avute in precedenza o da un’ infanzia infelice. Alcune persone credono che la gelosia sia un segno d’ amore, per altri è una minaccia al proprio spazio vitale. La gelosia colpisce anche la fascia dell’adolescenza dove, in alcuni casi, diventa anche un motivo per rovinare un rapporto. Anche gli adulti provano questo disagio, spesso collegato al mondo del lavoro o alle amicizie che si vengono  a creare in esso. E’ bene quindi imparare a controllare la gelosia e a non ricorrere a decisioni troppo affrettate, puntando invece sul dialogo e sulla fiducia, che è alla base di ogni rapporto.

Silvia Terraroli

domenica 9 marzo 2014

La ville Lumière


Il sogno di molte persone è quello di visitare  PARIGI, meravigliosa capitale della cultura e dell’arte, e di passeggiare nei suoi quartieri del centro (arrondissements 1-9) che comprendono il lungo Senna e dove si situano, tra gli altri edifici celebri, l’Académie française e l’Hôtel de la Ville, ma anche  due prestigiosi musei quali il Louvre, il cui accesso è la tanto discussa piramide voluta dal presidente Mitterand, e il D’Orsay.
Nessuna costruzione fu però tanto ostacolata e criticata quanto la tour Eiffel ( 7^ arr.) magnifica quando lampeggia  alla sera, nei primi minuti di ogni ora.
La rive gauche con il suo Quartiere Latino e l’Università della Sorbona, “il luogo dove si pensa” dicono i Parigini, è un’altra tappa importante dell’itinerario,  come anche la rive droite , “il luogo dove si spende” e degli affari, che con i suoi grandi magazzini e le sue boutique è la meta ideale per gli  acquisti.
Allontanandosi dal centro per attraversare anche gli altri arrondissements che in tutto sono venti e si sviluppano come il guscio di una lumaca  “en rond” ( da cui il nome), si potrebbe proseguire verso est e trovare i quartieri più estesi e popolati ( Belleville o “Babelville”) o al contrario verso la zona ovest con i suoi ricchi quartieri residenziali.
Un’ulteriore  tappa importante  del percorso è senza dubbio il Marais (situato tra il terzo e il quarto arr,) nato nel XIII secolo quando i Templari decisero di bonificare la zona paludosa vicino alla via Saint-Antoine , antica via romana, che divenne la via dei tornei e oggi è il centro della vita elegante.
Come  previsto da  Michel de Notre-Dame, il re Enrico II, marito di Caterina de’ Medici, morì in duello nel Marais e precisamente in Place des Vosges, piazza celebre per gli edifici identici sui quattro lati. 

Francesca C.


venerdì 7 marzo 2014

Piccoli grandi geni: I bambini prodigio.


"Quattrodici anni, il ragazzo? E'... in prima superiore?" 
"In quinta liceo" biascicò l'assistente sociale. 
"No, non a quattordici anni" la corresse la giudice, come se la cosa fosse scontata. Poi corrugò le sopracciglia perchè aveva letto sul dossier: "Siméon Morlevent, quattordici anni, quinta liceo al Sainte-Clotilde".

Wolfgang Amadeus Mozart aveva solamente sei anni quando compose la sua prima sinfonia, C dieci quando venne ammesso alla bottega del Verrocchio e Robert James Fischer quattordici quando vinse il Campionato del mondo di scacchi. Per non parlare dell'indiano Akrit Jaswal, classe '93, che all'età di sette anni aggiunse al suo Curriculum Vitae la voce "chirurgo".
Sono alcuni dei più famosi bambini prodigio, o enfants prodige, ovvero quei bambini che in età precoce dimostrano incredibili talenti e conoscenze in campo artistico o scientifico; per essere considerati tali non è però necessario che siano esperti in tutti i settori del sapere, ma che ottengano risultati pari a quelli di un adulto molto preparato in un campo in particolare. La loro genialità è influenzata solo in minima parte da fattori genetici, perchè dipende principalmente dall'ambiente in cui crescono e dall'istruzione che ricevono fin dall'inizio della loro vita.
Per calcolare il genio di un enfant prodige esiste un sistema di classificazione del QI, somma delle capacità logiche, matematiche, linguistiche, spaziali, mnemoniche e creative. Secondo gli studiosi, un bambino il cui quoziente intellettivo tra 100 e 120 è normodotato, mentre se è tra 120 e 140 è molto dotato; al di sopra di questa cifra si ha un piccolo intellettualmente superdotato.

Talvolta questi piccoli grandi geni crescono emarginati dai coetanei che, per la loro precocità, li considerano diversi e strani, finendo per evitarli; è invece importante saper riconoscere l'importanza che l'accettazione e l'empatia hanno per evitare che a rimetterci siano le loro relazioni interpersonali e la loro emotività. Brandenn Bremmer era un ragazzo americano il cui QI era pari, all'età di soli cinque anni, a 178. Un numero incredibile. La sua storia è conosciuta al mondo intero come quella di un ragazzino tragicamente geniale che, per l'incapacità di appartenere contemporaneamente al mondo dei bambini e a quello degli adulti, ha messo fine alla sua vita a soli quattordici anni. E di casi simili al suo ce ne sono molti, dai piccoli geni che impazziscono e vengono internati in case di cura a quelli che si isolano vivendo un'esistenza nella depressione e nella solitudine.

Noemi Vidakovic