mercoledì 2 aprile 2014

I bambini e i loro "perchè?"


–Ken non ha il pisellino nelle mutande, non so perché – si chiedeva Venise svestendo la bambola. – Tutti i maschi ce l’hanno vero ? Bart ne ha uno grande grande. L’ho visto nella sua camera. E François ? Tu gliel’hai visto il suo pisellino?- ”
La curiosità, un desiderio di sapere e di conoscere che ha sempre caratterizzato il genere umano. Desiderio che lo ha portato alle conoscenze che oggi tutti noi condividiamo. Ma quando nasce la curiosità? E come? La curiosità nasce con la vita, quando i bambini sono alle prese con la scoperta del mondo. Un mondo nuovo pieno di novità, meraviglie …. curiosità. Chissà quali domande sorgono nella testolina di un infante di pochi mesi, la cui capacità di parola non è ancora sviluppata. Non lo sapremo mai, ma non appena questo si dimostra in grado di formulare una frase, ecco che possiamo constatare la ricorrenza di una semplice parola : PERCHE’ ? A quali genitori non è mai capitato di affrontare lunghi discorsi cercando di spiegare tutti i perché del figlioletto ?
-  Papà, perché non posso giocare fuori ? –
-  Perché piove –
-  E perché piove ? –
-  Perché ci sono tante nuvole –
-  E perché ?
-  Perché le spinge il vento –
-  E perché ? –
-  Beh … non lo so –
-  E perché non lo sai ? –
Alcuni recenti studi hanno dimostrato che la “ fase dei perché” caratterizza tutti i bambini dai due ai tre anni, e persiste durante la crescita trasformandosi fino ad arrivare al semplice interesse. Questa fase è appunto il frutto di un passaggio importantissimo nella crescita del bambino, egli decide infatti di vivere attivamente la vita, non limitandosi ad osservarla, ma capendola. Il piccolo cerca appunto di capire la realtà, scoprirla, darle un senso, un’interpretazione. Sapere gli dà una sorta di sicurezza, perché non conoscere qualcosa significa in qualche modo averne paura. Pensiamo alle profondità marine o allo spazio sconfinato, luoghi che noi nemmeno osiamo sognare. Cosa ci aspetta in quegli spazi remoti? L’inconsapevolezza, il mistero, sono tutti fattori che ci inducono alla paura. L’età ci insegna a scivolare sopra alcune incomprensioni, a non farci caso, ad andare avanti. Ma l’approccio di un bambino con i problemi è totalmente frontale, e questo lo induce ad un solo ed unico modo per affrontarli, il “perché ?”. Ancora più importante è che i genitori assecondino le aspettative del bambino, soddisfacendole. Quale delusione più grande per un bambino se non lo scoprire che il fortissimo papà o l’ incredibile mamma non conoscono qualcosa? I genitori sono, e almeno in una prima fase sempre saranno, i grandi eroi dei più piccini. Riguardando i temi della prima o seconda elementare, tutti troveranno un testo dove parlano del loro papà come un supereroe fortissimo e della loro mamma come una donna bellissima ed intelligentissima. Per questo è importante dare delle sicurezze ai figli.  Un giorno si renderanno conto da soli che i loro genitori non sono perfetti e, purtroppo, più in fretta di quanto si creda. È dunque importantissimo che i genitori prendano sul serio la fase dei perché, comportandosi come la fonte di sapere e sicurezza che desiderano i figlioletti. Le domande di un bambino possono essere di vari generi:
Di tipo fisico: perché l’ombra ci segue? Perché non posso respirare sott’acqua? perché il cielo è blu ?
Sono le più facili a cui rispondere, basta avere un po’ di fantasia.
Di tipo astratto: che cos’è l’amore ? Perché le persone muoiono ? Dove vanno le persone quando muoiono ?
Sono domande più difficili, alle quali bisogna stare attenti, e soprattutto bisogna far capire al bambino che è troppo piccolo per conoscere la risposta.
Di tipo imbarazzante : come nascono i bambini ? Perché ho il “pisellino” ? Perché ho la “patatina” ? Perché le donne hanno le “tette” ?
Queste sono le domande che mettono più alla prova i genitori. Innanzitutto è importantissimo dare il giusto valore alla sessualità e non sminuirla davanti al bambino, ma soprattutto cercare di generalizzare e non spaventarlo inutilmente. È inoltre importante anche il modo in cui si risponde alle domande, usando metafore, esempi semplici e concreti, e inoltre bisogna guardare negli occhi il bambino, perché non si accontenterà di una risposta data mentre il papà guarda il telegiornale o mentre la mamma stende il bucato.
E’ quindi di fondamentale importanza sostenere la curiosità dei bambini, e accompagnarli alla scoperta del mondo pur sempre rispettando l’ingenuità e l’inconsapevolezza con la quale i loro occhi guardano ciò che li circonda.


Anna Cazzavillan

12 commenti:

  1. Anna complimenti!!! Hai fatto un lavoro eccezionale, degno di una psicologa, con esempi chiari e concisi e senza tanti giri di parole! Ti garantisco che è stata una lettura molto piacevole e che mi ha fatto rievocare i ricordi di quando ero bambino. Ricordo che avevo un’ossessione per il sole e mi chiedevo come mai spuntasse da una parte e si nascondesse in un’altra! E dopo…dopo c’era la luna, quella bellissima sfera bianca rilucente, che a volte sembrava un sorriso e altre volte sembrava ad una lampadina perfettamente rotonda… Ma come faceva a rimanere lassù senza cadere? Mistero…fino a quando non ho perseguitato i miei genitori chiedendo loro perché! Sì, ricordo in particolar modo questo episodio perché lo osservavo ogni giorno: prima c’era luce, poi il buio e la cosa mi affascinava… per quanto possa sembrare strano!
    Marco Pompilio

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  2. Anna, hai fatto davvero un bellissimo lavoro! Complimenti! Sono d'accordo con Marco sul fatto che hai scritto un testo fantastico con esempi molto chiari! Anche io, rileggendo questo post mi sono tornati in mente episodi di quando ero bambina per esempio mi ricordo che continuavo a domandare ai miei genitori come fosse possibile che le stelle luminassero cosi tanto oppure altre cose che non sto a elencare.
    Ancora complimenti Anna!

    Silvia Terraroli

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  3. Anna, post stupendo! È davvero magnifico, brava! Leggendolo mi vengono in mente episodi di quando ero piccola e giocavo con i miei amici e ci domandavamo cose assurde a cui io rispondevo senza sapere la risposta, perciò le storie che mi inventavo erano ancora più strane, ma visto che nessuno dei presenti aveva idea di quale fosse la vera risposta tutti mi credevano qualunque cosa dicessi. Nel testo riconosco l'atteggiamento curioso di tutti i bambini a cui anche noi con fratellini, sorelline, cuginetti e amici di questi dobbiamo rispondere quando arrivano le liste infinite dei "perché?", che possono essere divertenti nel momento in cui la fantasia domina sul resto o molto strazianti quando i "perché?" non lasciano spazio neanche al respiro. Mi vengono in mente persino chiari esempi di serie televisive nelle quali bambini piccoli ogni cinque minuti chiedono il significato di qualcosa facendo fantasticare chiunque risponda loro.
    Melania Gottardo

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  4. Bellissimo post Anna! Hai trattato un argomento che ha caratterizzato l'infanzia di tutti noi!
    Leggendo questo post mi hai fatto ricordare la mia infanzia e che, anche se piccola, avevo delle curiosità.. mi ricordo di un periodo in cui credevo che aldilà del mio paesino ci fossero tanti pianeti dove abitavano i miei amici e i miei parenti e astronavi che mi avrebbero portato fino in capo al mondo.. è bizzarro e soprattutto imbarazzante pensare a cosa credevi e domandavi da piccolo! Sono cose a cui non ci si fa più caso e che ormai sono state messe nel “dimenticatoio”.
    Devo dire che hai spiegato molto bene questo argomento, la foto è bellissima e come è stato detto sembra un testo scritto da una psicologa, con ricchi esempi e spiegazioni chiare.

    Vanessa Frigo

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  5. Anna, so benissimo di cosa stai parlando, perchè ho un cuginetto,Francesco, che sta proprio attraversando la sfiancante fase dei "perchè". A volte sembra che lo facciano di proposito, per stancarti, sembra impossibile che chiedano cose per un adulto cosi banali, ma se pensiamo che le loro domande sono assolutamente ingenue e spontanee ci rendiamo conto di quanto i bambini di quell'età siano indifesi, dei grandi fogli bianchi su cui tutto è ancora da scrivere, da conoscere e sperimentare.
    Per questo è importante approcciarsi con pazienza, cercare di rispondere alle loro domande con semplicità, cercando di esaudire la loro curiosità attenendosi il più possibile alla realtà, perchè dalla nostre parole costruiranno la loro esperienza.
    Fin Maria Vittoria

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  6. Complimenti Anna! Sei davvero riuscita a dare una definizione completa ed esauriente riguardo l’argomento. Devo dire che non mi ero mai soffermata a ripensare al momento della mia infanzia in cui “scaricavo le batterie” dei miei genitori a furia di porre domande, su domande, su domande…. Come dice Vanessa, l’avevo lasciato anch’io nel dimenticatoio.
    Credo che tutta questa curiosità sia data dal desiderio di conoscere un “nuovo” mondo pieno di meraviglie, attraverso gli occhi delle persone di cui momentaneamente ci si fida di più: i genitori.
    E’ un modo per assegnare un senso a quelle novità mai viste o osservate prima, che spaventano e di conseguenza, dopo esserne entrati in conoscenza, permettono di classificarle in buone o cattive, giuste o sbagliate, positive o negative.
    Sono dell’idea, inoltre, che le imbarazzanti e divertenti questioni poste dai più piccoli possano essere, a volte, anche delle prove per scoprire il grado di conoscenza degli interpellati. Mi ricordo, per esempio, che quando avevo appena cominciato le prime lezioni di religione e frequentavo, quindi, la scuola dell’infanzia, ogni volta che mio padre andava in bagno, non faceva nemmeno in tempo a chiudere la porta che mi fiondavo con la mia “mini-seggiolina” di fianco a lui per ottenere delle risposte soddisfacenti ai miei dubbi sulla vita di Gesù. Non capivo, per esempio, come avesse potuto nascere da una donna e da un uomo che nemmeno si conoscevano, perché un suo amico lo avesse tradito, e perché gli avessero fatto tanto male crocefiggendolo…
    Penso, infine, come ha detto Maria Vittoria, che i bambini, grazie alle pazienti risposte fornite dai loro educatori, si possano sentire ancor più sicuri delle loro guide, alle quali è affidata la costruzione delle loro future esperienze.

    Crestani Caterina.

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  7. Complimenti per il post Anna!
    Concordo sul fatto che i bambini devono essere assecondati e avere delle risposte concrete dai genitori, ma bisogna stare molto attenti a come e cosa si dice ad essi. Molte volte non si da il peso giusto alle parole che si usano soprattutto con i più piccoli, perchè si pensa che loro non ci riflettano, ma in realtà sono i soggetti su cui le parole influiscono di più. La mente dei bambini, infatti, apprende molto più in fretta che in qualsiasi altra età.
    L'educazione e il modo di essere che i genitori trasmettono ai propri figli piccoli inciderà in tutta la loro futura vita.
    Io non ricordo molto questa fase dei "perché", ma la ritrovo nei bimbi più piccoli che conosco: porgono domande che possono sembrare ingenue, ma sono in realtà essenziali alla loro crescita.

    Anna Vagrotelli

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  8. Brava Anna! Mi ha incuriosito tantissimo il tuo post!
    Questi piccoli bambini infatti non vogliono far impazzire i genitori, ma sono solo molto curiosi del mondo che li circonda. E' normale la curiosità in merito a se stessi, la loro famiglia, le modalità che regolano il mondo dei grandi, persino le prime parole che sente per la prima volta nei dialoghi dei genitori. Certo, il continuo "Perché?" può sembrare irritante, ma è sempre importante assecondare la voglia di conoscenza, senza mostrarsi seccati.
    Ma esiste un modo giusto per rispondere alle loro domande? Visto che il bambino, ha un tipo di attenzione diversa, ovvero selettiva (intuisce solo quello che gli interessa); per rispondere bisogna sempre tener conto che il suo livello di comprensione è molto diverso da quello di un adulto. Quindi non bisognerebbe rispondere con informazioni non richieste, ma fornire risposte essenziali per non scombussolare gli animi di questi piccoli "curiosoni".
    Petra Busatta

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  9. BELLISSIMO,FANTASTICO,BELLISSIMO!!!!!!!!
    Io adoro la domanda "Perchè?", ma farle io alle persone e non viceversa. Scometto che ti sei divertita tantissimo, e magari ti sarai messa a farti le domande come una bambina. Non so se vi accorgete ma noi ragazzi,bambini,neonati,adulti ci facciamo sembre la domanda perchè un esempio di un dialogo fra i miei:
    mamma: Dove sei andato?
    papà: in giro
    mamma: PERCHE' sei andato in giro?
    papà: beh così per prendere una boccata d'aria
    mamma: e hai preso qualcosa, mangiato qualcosa?
    papà: si mi sono preso una brioche e cappuccino al bar che ti ho parlato
    mamma: COSAA!!! QUANTE VOLTE TI HO DETTO DI NON MANGIARE FUORI!!!!
    papà: e PERCHE'?
    mamma: PERCHE' così........
    E poi continuano con i discorsi. Però scusate quanto bello è fare le domande con il perchè!
    Aicha Rakib

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  10. Anna, si vede che ti sei impegnata, davvero un bel post! Sono cresciuta in una famiglia piuttosto grande (10 cugini in tutto) e mi è successo varie volte di dover fare la babysitter. Le mie conclusioni? Si deve avere tantissima pazienza , perchè un piccino non si acconterà mai di una sola risposta. Rispondendogli ad un perchè portera a cento milla altri perchè, e si dev'essere molto attenti a dare delle risposte vicine alle realtà , e non troppo complesse ovviamente.

    Gabriela Ciobanu

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  11. Cavolo Anna! Brava! ne approfitto di parlare di mio nipote. E' un babino di solo 1 anno e sta cominciando con i suoi perchè. E' una fase che io adoro perchè iniziano a parlare e dire stupidaggini ed io che sono sua zia mi diverto ancora di più. Bisogna anche stare attenti, perchè ogni cosa che dici la ripetono e ovviamente lo dice, quel marmocchio ai miei. però quanto bello è quando ti chiama ti prendela mano e ti dice "Perchè?"

    Angela Tresso

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  12. Il post è divertente e ben scritto, condivido soprattutto la parte in cui si sottolinea come l’adulto non si ponga piu’ i “perche” in quanto da’ molte cose per scontate o per “cosi’ come sono” senza chiedersi il motivo del fatto che siano cosi’.
    Se questo puo’ essere di parziale importanza per alcune cose per le quali sapere o non sapere il perche’ e “solo” arricchimento personale, molto diverso è se non ci poniamo piu’ i perche’ che riguardano noi stessi, le nostre scelte, le nostre idee i nostri comportamenti, questo significa spesso chiudere gli occhi per non cambiare strada o per non cambiare il nostro stesso essere e quindi per non crescere e migliorare.
    Greta Morello

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